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Dopo i racconti di "Che c'entra Socrate?" ecco che con "Grazie a Dio, addio!" ritorna lo scudiscio d'inchiostro della Galdangelo, per colpire, senza pietà, l'ipocrisia e il malamore. Ancora e meglio l'autrice staglia ambienti famigliari in apparenza protetti alla pari di preziosi gioielli, dentro i quali imperversano però cattiveria, impotenza e acuto dolore. Dannate storie di donne, vittime dell'educazione e dell'avido egotismo, che si consumano nell'estrema disgrazia di uno smodato bisogno d'amore e che restituiscono al lettore un forte senso di irrisolutezza, ottenuto grazie ad uno sguardo impietoso commisto di ironico distacco. Una firma femminile che stigmatizza le pochezze delle vite spese ad inseguire l'effimero.